By Marco Alessandria on Domenica, 10 Dicembre 2017
Category: News

L’INSOSTENIBILE ILLUSIONE DELLA CERTEZZA

Nell'organizzazione della postura dell'uomo non possiamo certo dire che esistano recettori più importanti di altri perché, in un sistema complesso, tutti gli elementi contribuiscono all'espressione "fenotipica" del sistema. In altre parole, sarà la cooperazione degli elementi a determinare il comportamento globale del sistema e attribuirgli proprietà che possano essere estranee agli elementi che lo costituiscono (Von Bertalanffy, 1968). Questo aspetto viene definito "comportamento emergente"che non può essere previsto dallo studio delle singole parti. Il sistema vivente (come già più volte sostenuto) può essere definito un sistema complesso con la caratteristica fondamentale di essere gerarchicamente determinato. Questo nuovo ordine di idee risiede nella naturale evoluzione filogenetica ed ontogenetica del nostro SNC (Sistema Nervoso Centrale), che sviluppa sistemi di rilevazione delle perturbazioni periferiche, elaborazione, progettazione e pianificazione di pattern motori e adattativi, progressivamente più complessi. Tale organizzazione prevede la presenza di aree "decisionali" centrali che comandano gli effettori sulla base delle informazioni periferiche. Questo diventa un passaggio fondamentale per la determinazione dell'espressione finale dell'organizzazione posturale. È tutt'ora possibile osservare e riconoscere tale evoluzione all'interno del nostro SNC: basta pensare alla progressiva complessità dei circuiti neurali presenti a livello midollare, troncoencefalico ed encefalico nella soluzione del rapporto stimolo – risposta. La variabile che si può considerare per comprendere la complessità dei sistemi è la velocità, infatti, maggiore sarà la velocità di soluzione del rapporto stimolo - risposta, minore sarà la complessità della rete sinaptica (si pensi al riflesso miotattico da percussione con martelletto rispetto ai programmi motori che implichino processi decisionali). Da questa affermazione è facile dedurre che la complessità di un organismo non risiede nel funzionamento di base dei sistemi (che rimane il medesimo dalle forme più semplici a quelle più complesse, ed è essenzialmente un sistema binario 0 – 1/1 – 0: basta pensare alla legge del tutto o del nulla nella contrazione muscolare, nell'evocazione del potenziale d'azione nel cono assonale, nell'accoppiamento ormone – recettore etc.), ma nel numero di variabili in gioco nella determinazione della sua espressione finale. Tullio Regge sosteneva che (Infinito – 1996): "Più alto è il numero di gradi di libertà, più dati occorre codificare per seguire l'evoluzione del sistema". Più alto è il numero di elementi che interagiscono tra di loro più alto sarà il grado di indeterminazione del sistema.
Personalmente, la conoscenza di questi aspetti, ha fatto crollare drammaticamente la radicata illusione della certezza e del controllo, a volte tipiche di chi svolge la professione dell'operatore sanitario. È un'evoluzione professionale necessaria che fa spostare il classico "ago della bilancia" dal nostro ego professionale, che ci rende fautori e responsabili del processo di guarigione del paziente, al sistema biologico che stiamo affrontando, mettendo in luce quelle che sono le sue caratteristiche intrinseche di risposta e adattamento alle perturbazioni ambientali (noi facciamo parte dell'ambiente e in quanto tali costituiamo delle perturbazioni) e, inoltre, rende sorprendentemente illuminante l'affermazione che "ogni esperienza di certezza è un fenomeno individuale" (Maturana e Varela, 1987). E allora, il passo successivo è stato quello di riconoscere che la "terapia" non cura e non guarisce, ma stimola processi adattivi da parte del sistema. La nostra bravura sarà quindi, la capacità di "avviare" e "guidare" tali processi adattativi verso una risposta il più vicino possibile a quella che ci attendiamo. Ciò vuol dire che ogni nostro atto non potrà mai portare con sé la certezza del risultato, ma solo una tendenza ad essere, che nasconde una funzione di probabilità. Adottare una funzione di probabilità significa dare un'affermazione sul nostro grado di conoscenza della situazione effettiva, introducendo così il concetto di "conoscenza incompleta". Per tale ragione il risultato dell'osservazione non può essere preveduto con certezza (Heisenberg, 1958).
Inoltre, l'organizzazione autopoietica dell'essere vivente ("poiesis" significa creazione, produzione), che si sviluppa all'interno di una rete continua di interazioni che correla dinamicamente tutte le sue componenti e autodetermina la propria struttura e le proprie leggi, non consente di interagire con esso per il tramite di approcci terapeutici che vìolino queste sue leggi interne, perché verranno rigettati. Il quando ed il come, costituiscono ulteriori elementi di incertezza perché, una minima variazione dei dati in entrata, ha grande impatto nel risultato finale e, pur in condizioni iniziali simili, due sistemi possono reagire in modi molto diversi (Edward Norton Lorenz, 1972).
Questo è il motivo per cui in questo articolo non ho mai menzionato le parole "informazione ambientale" ma ho volutamente utilizzato "perturbazione": l'informazione è sempre istruttiva perché conduce a una determinata trasformazione del sistema in relazione alle specifiche che si porta dietro. Per cui tale trasformazione è sempre prevedibile ma non applicabile al'essere vivente (vedi sopra), una perturbazione ambientale non contiene in sé la specificazione dei suoi effetti sull'essere vivente, ma è questo che con la propria struttura determina il suo cambiamento in rapporto alla perturbazione. Tale interazione non è istruttiva perché non determina quali saranno i suoi effetti.
In conclusione, per raggiungere l'obiettivo di poter evocare una risposta da parte del sistema il più vicino possibile a quella che ci attendiamo e, per avere la garanzia di un cambiamento stabile e duraturo, l'approccio terapeutico deve prevedere metodi di "comunicazione" con il sistema che permettano di influire sulle modalità di interazione tra i differenti recettori posturali (occhio, mandibola, piede, lingua, fasce, capsule articolari e legamenti), che consentano il cambiamento dei programmi centrali che, seppur più lenti, saranno i più duraturi.